Scrittura Creativa #1 Acqua (Minuti Scritti)
[il 14 aprile 2016 in Scrittura creativa - Tempo di lettura: 2 minuti]

minutiscritti12 esercizi di scrittura creativa (Minuti Scritti, un testo di Annamaria Testa)

Visualizzare, osservare, guardare oltre, combinare, tracciare, aggiustare, intrecciare, strutturare: questo libro propone un percorso che comincia prima dell’atto di scrivere e aiuta a mettere a fuoco capacità indispensabili, oltre che nel progetto e nella pratica della scrittura, in ogni processo che abbia una componente creativa. Può essere usato come un attrezzo da ginnastica per le idee: una sfida di pensiero veloce che si snoda in una progressione di dodici esercizi, ciascuno dei quali aiuta a sviluppare una competenza. Propone di scrivere testi brevissimi in tempi molto stretti e permette di confrontare le proprie prove con alcune altre, prodotte in un analogo arco di tempo: un paragone illuminante che consente di scoprire tracce di pensiero diverse e nuove soluzioni possibili. Le note di Annamaria Testa commentano ogni prova intrecciando osservazioni di metodo, storie curiose e suggerimenti utili a scrivere meglio e a governare i processi mentali propri dello scrivere, senza mal pretendere di insegnare la scrittura creativa ma invitando a sperimentarla, scoprendo risorse di osservazione, creatività e invenzione che, forse, non si sapeva di avere.

Esercizio 1: Descrivi come bere un bicchiere d’acqua a una persona che non sa cosa è l’acqua e cos’è un bicchiere. (tempo di scrittura disponibile: 10 minuti)


Prima scrittura:

Hai presente il mare? Ecco, l’acqua è come quello. Ma senza sale. Solo che quando ti capita di bere l’acqua del mare, è salata, ti viene da tossire e perfino gli occhi ti bruciano. L’acqua che voglio che tu beva è l’esatto opposto. Al punto che il momento migliore in cui berla è proprio quando la tua gola è secca e il salato ti solletica il palato.

No, no, non occorre usare le mani. Nemmeno giunte, anche se è sacra. Scivolerebbe tutta così!

Tieni, si chiama Bicchiere. Può esser di coccio, di vetro, perfino di metallo. Di legno? Volendo, ma occorre trattarlo molto di più. No, carta no. Il bicchiere è importante, serve a contenere, senza perdere.

Afferralo, tienilo stretto. Riempilo dell’acqua che ti ho dato. Scegli tu quanta: può essere pieno, mezzo vuoto e mezzo pieno. Ora portalo alla bocca, senti la sensazione sulle tue labbra, aprile e lascia scorrere l’acqua. La senti rinfrescare la gola, scendere lungo il tuo corpo come un fiume.

Quando hai finito, puoi sentirci il mare nel bicchiere. Vedi, è tutto collegato.


Seconda scrittura:

La sua bocca era asciutta. Sceso da quel trabiccolo che aveva chiamato insieme barca, zattera, scafo, traghetto, sogno, destino, morte.

Ma che lì chiamavano solo barcone.

“Tieni, un po’ di acqua”

Acqua? Una voce sconosciuta, che ora aveva due occhi scuri come i suoi aveva pronunciato quel suono che per lui non significava ancora nulla. Aprire gli occhi era difficile: il salino, la notte, il sole del mattino, la paura.

Acqua è stata la prima parola imparata in Italia. Nella prima, quella somala, si chiamava Biyaha. Nella seconda Acqua. Sperava che il significato cambiasse: non più una necessità contesa, ambita, negata – ma una piacevole abitudine. Era morto per quello. Era rinato per quello.

“Dai, prendi il bicchiere”

Bicchiere? Aveva intuito il susseguirsi delle lettere solo dell’ultima parola di quella voce che ora era un braccio abbronzato, quasi come il suo. Non capiva quella lingua, ma capiva quel gesto. Gli occhi neri ora erano un braccio teso, opposto alle braccia che prima avevano tolto, impedito, picchiato, nascosto, spinto.

Scoprì di non ricordare nulla.

“Galaas” disse. Quegli occhi che erano un braccio e ora erano labbra, risposero “Prego prego, ma bevi”.

Capì solo dopo che quello che nella sua lingua significava Bicchiere, qui suonava molto simile a Grazie. Scoprì in quel momento di non ricordare nulla.

Quelle labbra erano tornate braccia. Gli presero il mento, lo sollevarono, poco, posero il “Galaas” sulle sue labbra che si schiusero mentre veniva inclinato. Sentì Biyaha scorrere dalla gola fino alla punta dei piedi.

“Biyaha – Acqua”. Non disse altro, era nato. Acqua è stata la sua prima parola, per alcuni è “mamma”, per lui fu questa. Ma il significato, questa volta, non fu diverso.

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